Allora ci siamo!
Ti svegli alle 4 di mattina e sai che ti aspetta una
giornata tosta, un’avventura vera. Poi quando sei lì a scarpinare su quei
monti, capisci che un conto è immaginarlo e un conto è farlo. Ma portare a
termine certe esperienze è un’emozione che ti porti nel cuore,
insieme al desiderio immediato di ripetere al più presto un’altra impresa.
Insomma, si parte presto alla volta di Corniglio, un
paese non ben identificato, immerso nell’Appennino tosco-emiliano. Ci aspettano
43 km, con più di 2000 metri di dislivello positivo.
La prospettiva è che si farà fatica, e il caldo
previsto aggraverà la cosa.
In macchina, con l’ottima compagnia di Alessandro,
Stefano, e il Mitico, si arriva presto a destinazione.
Tra tutti mi par di capire che il novellino sia io, ma
la cosa non mi spaventa e mi presento sereno alla partenza. Forse un po’ troppo
sereno. Sotto il gonfiabile dello start, c’è gente di tutti i generi, soggetti
imbacuccati con il massimo dell’abbigliamento tecnico, mentre altri più classici
con calzoncino e canotta. Penso che probabilmente i più attrezzati siano quelli
del percorso lungo, ma poi scoprirò che non è così per tutti. In questo genere
di corse, ognuno da la sua interpretazione, anche a seconda di quello che gli
serve per arrivare al traguardo. E non tutti hanno le stesse necessità.
Io parto con tutto quello che mi potrebbe servire,
anzi abbondo, tanto per non rimanere senza nulla. Infatti il mio zaino pesa
abbastanza, ma penso che sia normale, e che comunque devo abituarmici.
Me la rido sotto i baffi vedendo che c’è anche chi ha
i bastoncini!....come avrei voluto averli anche io in molti tratti di gara!
3,2,1, alle 9:00 il via. Comincia la festa!
Percorriamo i primi metri di asfalto con il sorriso
sulle labbra, tra una battuta e l’altra, con il Mitico Danilo che trotterella
davanti. Mi sembra davvero carico, e alla fine scoprirò che lo è davvero!
Le chiacchere lasciano il posto al fiatone non appena
comincia il sentiero nel sottobosco.
Un single-track tra gli arbusti, con una pendenza
spezza gambe, e che sembra non mollare mai.
I primi 5 km così non me li scorderò mai!
Non respiro bene, procedo chino al passo di un lumaca,
mentre vedo più in alto Danilo che sgambetta come un capriolo. Ha pure la forza
di girarsi, tirare fuori la macchina fotografica, scattare una foto sul gruppo,
e con un sorriso soddisfatto ripartire in salita.
Oltre alla fatica e al caldo soffocante, avvengono un
po’di cose: mi si apre il camel-bag e si bagna tutto, comprese alcune scorte e
il mio sedere fino in mezzo alle gambe. Perdo di vista Stefano e Danilo.
Scivolo sul fogliame del sottobosco rischiando una rovinosa caduta.
Ho un calo generale, non mi sento bene. Sto perdendo
lucidità.
Mi assale un po’ d’ansia. Uno perché non sono neppure
a 10 km dalla partenza e ne dovrei fare un totale di 43! Due perché se questa è
l’Ecomaratona, mi terrorizza il pensiero della Cortina Trail del 30 giugno!
So di essere allenato, ma non capisco perché sta
andando tutto storto, proprio nei primi chilometri dove mi immaginavo di
correre spensierato e di controllare tutto.
Mai farsi aspettative. Ora sono nei guai e devo fare
qualcosa.
Dopo una discesa di sassi smossi che mi dà il colpo di
grazia, finalmente arrivo al primo ristoro al km 10.
Cerco di rifocillarmi ma non riesco a deglutire, e
diciamo che i biscotti secchi del rifornimento non mi aiutano per niente. Sono
disidratato. Bevo, ma anche i liquidi fanno fatica a entrare.
Ho un magone alla gola. Temo di aver rovinato la mia
gara, il mio primo trail , e la cosa mi avvilisce.
Poi faccio una cosa. Vado in un angolo nascosto, e mi
tolgo e mutande che si erano infradiciate dall’acqua uscita dallo zaino. Per
fortuna il calzoncino ha le sue interne, in tessuto sintetico, e mi sento un
po’meglio.
Chiedo a un ragazzo dell’organizzazione come poter
fare se mi dovessi sentir male e lui mi chiede se ho bisogno subito di
soccorsi. Al che mi raddrizzo e mi limito a chiedergli se posso deviare per il
corto - se ci arrivo - e che comunque ancora non sono in fin di vita. Allora mi
da il suo numero in caso di necessità.
Mi sento una merda, ma riparto pianissimo seguendo il
flusso dei trailer. Nel frattempo mastico e bevo per quello che posso. Riparto
cercando di farmene una ragione e che comunque se ho gestito male qualcosa
ormai è andata così. Fanculo al bastardo orgoglio!
Da qui in avanti vivo la mia seconda parte di gara.
Mi svuoto dalla paura e dalla delusione, vado avanti e
basta.
Conosco William e il suo fido compagno che corre in
canotta arancione con un gel nelle mani.
Conosco il pugile che corre a petto nudo e si tuffa
nei fiumi e nelle vasche di pietra delle fontane.
Conosco un toscano che è preoccupato per la moglie che
lo aspetta al traguardo.
Conosco un ex triathleta col quale scambio due
chiacchere su allenamento, varie ed eventuali.
Mi scoppia una vescica, bevo litri d’acqua ad ogni
fontana.
Magicamente dal 15° km in avanti succedono tutte
queste cose.
Ritrovo il piacere di correre e il sorriso sulla
faccia, mentre senza pensarci imbocco per il percorso lungo.
E in progressione supero diversi corridori, fino a
riprendere Stefano che si era fermato al 35° con qualche problema di stomaco.
In vista del 40° km corro anche in salita, non mi risparmio più e comincio a
pregustare l’arrivo. All’ingresso di Corniglio vedo Ale che mi urla, ed è la
festa più bella!!!
Entro sotto l’arco e gli ultimi metri di salita li
volo.
Un signore pronuncia il mio nome al microfono e mi
mette la medaglia al collo.
E’ fatta!
22° assoluto e 4° di categoria.
Danilo è arrivato 14° assoluto. Stefano invece un
po’dopo di me. Alessandro si è dovuto ritirare per un’infiammazione al
ginocchio.
Tutti hanno dato il massimo.
Un’avventura indimenticabile, dall’inferno di fatica e
paure ataviche, ad una serena consapevolezza fatta di corsa e niente altro.
Un’esperienza unica. Trovare pace e serenità nella
fatica della corsa.
E adesso non vedo l’ora di andare a Cortina!
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